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Homo orans. La preghiera rituale nell'umanità dell'uomo (CROSBI ID 57909)

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Žižić, Ivica Homo orans. La preghiera rituale nell'umanità dell'uomo // Carmina laudis. Risposta nel tempo all’eterno. La Liturgia delle Ore tra storia, teologia e celebrazione, Atti del X Congresso Internazionale di Liturgia, Roma, Pontificio Istituto Liturgico, 6-8 maggio 2015. / E. Lopez-Tello Garcia, Stefano Parenti, Markus Tymister (ur.). Rim: Aracne editrice, 2016. str. 305-368

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Žižić, Ivica

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Homo orans. La preghiera rituale nell'umanità dell'uomo

L’obiettivo che ci si propone in questa relazione consiste nel voler considerare la preghiera un atto rituale e un autentico atto dell’uomo. Si tratta di raccogliere il tema della Liturgia delle Ore in ordine all’umanità dell’uomo. L’idea è quella di rivalutare l’atto rituale come luogo originario di espressione umana e di conseguenza la sua verità e attuazione nell’evento liturgico. Si tratta di evidenziare le dinamiche antropologiche operanti nell’atto rituale, sottolineando in particolare le dimensioni temporale e linguistica attraverso le quali il soggetto assume l’evento della preghiera come evento della sua umanità. La tesi rilevante si fonda sulla considerazione della verità teologica della celebrazione cristiana che ha un rapporto sostanziale con l’attuazione del soggetto. Parlare del rito significa parlare dell’uomo e della sua esperienza. La preghiera è sempre l’esperienza che si fa di essa e quindi antropologicamente qualificata. L’approccio proposto in questa sede porta a riconoscere l’esperienza e l’identità umana che soggiace alla preghiera rituale mostrando, di volta in volta, come la preghiera possa essere un luogo di divenire del soggetto. In una lettura inclusiva, l’intento è quello di ripristinare il legame sul quale si gioca la verità della liturgia e la verità dell’uomo. La questione quindi ultimamente riguarda il valore antropologico della celebrazione ovvero la dimensione liturgica dell’esistenza. La prima parte della riflessione sulla fenomenologia culturale del pregare ci condurrà a prendere contatto con alcune problematiche fondamentali nelle quali si rivela lo stato culturale della preghiera e da cui nascono ulteriori questioni. La crisi della preghiera costituisce l’orizzonte costante della riflessione teologica, perché queste fratture non sono state ancora risanate e il pregare rituale nella modernità avanzata continua a porre molte domande, particolarmente perché e come può la preghiera nutrire l’umanità dell’uomo. Le linee di un nuovo percorso ermeneutico cercheranno di recuperare la figura olistica della preghiera rituale e il suo profondo appello all’umanità dell’uomo. Si comprende quindi perché il senso della preghiera debba essere ricollocato nell’alveo del tempo e del rito, come superamento di una precedente rimozione, facendo riemergere il legame profondo tra la preghiera rituale e l’umanità dell’uomo. L’attenzione moderna alla libertà e alla soggettività ha comunque consentito di recuperare la preghiera dallo snaturamento oggettivistico in cui è caduta e di dischiudere nuovi orizzonti alla comprensione dell’atto orante quale atto e rapporto esistenziale, la cifra della realizzazione del soggetto – homo orans. Questo è in sostanza il registro riflessivo scelto per tentare di superare l’estrinsecismo tra la preghiera e l’umanità, nell’intenzione che esso non solo recuperi ma mostri il legame vivente che intercorre tra vivere e pregare rituale. Il compito di un’ermeneutica costruttiva consiste nel recuperare l’oggettività della preghiera rituale, sottraendola alle derive del moderno e integrandola nelle dimensioni fondanti dell’umanità. Si tratta di superare l’insufficienza oggettivistica, riduttivistica o soggettivistica per poter riconsegnare la verità della preghiera rituale all’umanità dell’uomo. Il nostro procedimento riflessivo si predispone in prospettiva trascendentale sollevando l’interrogativo sulle condizioni per le quali l’esperienza della preghiera rituale diviene realmente possibile. Qui emergono gli aspetti propri dell’atto orante e delle sue condizioni antropologiche, nello specifico la struttura del tempo e le modulazioni che il rito rispecchia nella coscienza, particolarmente la modalità soggiuntiva del come se che si mostra costitutente nella memoria rituale. Ciò che il pensiero moderno non ha considerato nell’ordine della pratica orante – il tempo – qui viene assunto in modo pienamente riflesso. Il cuore del problema è il rapporto tra rito e tempo. Una fenomenologia del tempo rituale potrà suggerire i primi passi per una nuova integrazione tra uomo e rito, proprio perché l’esistenza è temporale e l’accesso alla trascendenza è mediato dall’evento in cui Dio si è storicamente rivelato in Cristo. Il compito dell’ultimo passaggio consiste nel far vedere come la parola liturgica sia di mediazione con l’identità del soggetto credente. La preghiera è azione che accade nelle parole. Essa non è un discorso insensato, come la giudicavano i filosofi del sospetto, ma luogo privilegiato in cui si osserva la mediazione linguistica dell’uomo. Il versante linguistico è un campo privilegiato per evidenziare la radicalità umana del pregare, l’espressione e lo specchio dell’umanità. Nelle parole del rito si realizza l’agire di Dio e il divenire dell’uomo. La preghiera è una struttura fatta di fede- fiduciale in Cristo, realmente efficace se compiuta attraverso atti totalmente efficaci e l’efficacia di un'azione linguistica orante implica il riconoscimento della verità del suo contenuto proposizionale e della verità dell’orante. Proprio dall’atto del pregare emerge quanto il soggetto sia essenzialmente mediato dal linguaggio. Chi sono diventa palese attraverso una rappresentazione temporale e narrativa. L’identità dell’uomo è interposta nel legame tra tempo e racconto. Il chi sono affiora grazie ad una storia raccontata e agli atti linguistici che la compiono. Nella preghiera rituale il chi sono si impone per mezzo dell’incontro con la storia e la parola di Dio. L’orante esprime se stesso all’interno della Parola di Dio e della tradizione orante con Dio e la Chiesa comunicano. In questo percorso delineato si torna al punto nodale dell'identificazione e riconoscimento dell'identità del soggetto agente/orante perché la preghiera apre l’accesso a Dio e alla propria umanità. Diversamente dalla concezione moderna della preghiera come salto dal naturale al sopranaturale, la preghiera consiste nel prendere coscienza e nell'accedere, veritativo e illuminante, alla propria umanità. Così una grammatica della preghiera rende comprensibile non solo le azioni linguistiche ma lo stesso soggetto orante. La preghiera diventa così la cifra ontologica dell'umano, la cifra attraverso la quale l'uomo si apre a Dio trascendente, ma anche accede al mistero del sé. Il mistero di Dio e il mistero dell'uomo si rendono presenti nella celebrazione rituale, perché sono fin dall'inizio reciproci: «L’uomo è chi non può essere (detto) senza Dio e Dio è chi non vuole essere (detto) senza l’uomo. (...) biblicamente infatti l’uomo non è mai pensato senza Dio, ma viceversa, anche Dio non è mai raccontato senza l’uomo».Pregare è allora un opera interminabile di dire l’uomo e dire Dio: la costruzione della nostra umanità a partire dalla celebrazione del tempo e della parola, l’opera di fede appunto che coinvolge l’uomo in tutta la sua umanità, annodando i fili di totalità che saranno compiuti solo nella liturgia celeste.

preghiera, rito, liturgia delle ore, linguaggio liturgico

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engleski

Homo orans. The ritual prayer in the humanity of man

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prayer, ritual, liturgy of hour, liturgical languagge

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305-368.

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Carmina laudis. Risposta nel tempo all’eterno. La Liturgia delle Ore tra storia, teologia e celebrazione, Atti del X Congresso Internazionale di Liturgia, Roma, Pontificio Istituto Liturgico, 6-8 maggio 2015.

E. Lopez-Tello Garcia, Stefano Parenti, Markus Tymister

Rim: Aracne editrice

2016.

978-88-548-9759-5

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Teologija, Etnologija i antropologija